La mobilità in deroga è una indennità a sostegno del reddito concessa dalle Regioni, dalle Province autonome e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai lavoratori licenziati che non possono beneficiare degli ammortizzatori sociali.
Questa misura consiste nell’erogazione di un sostegno sostitutivo alla retribuzione ai lavoratori che sono stati licenziati, se fanno parte di specifici decreti regionali o interministeriali e che svolgevano la loro attività all’interno di imprese, ma che non possono usufruire di misure a sostegno del reddito in seguito alla cessazione del loro rapporto di lavoro, non rientrando nei requisiti necessari per ottenerli.
Infatti, i lavoratori subordinati, compresi apprendisti e somministrati, possono richiedere la mobilità in deroga se si è individuati all’interno di decreti, provvedimenti e delibere emanate a livello regionale, mentre per i dipendenti delle imprese poste in più Regioni del Paese serve essere presenti all’interno della decretazione interministeriale per rientrare in questa particolare indennità a sostegno del reddito.
Non esitare a contattarci per verificare se puoi usufruire di questa misura ed effettuare la domanda mobilità in deroga online con l’ausilio dei consulenti di Caf e Patronato. Contattaci anche per conoscere tutte le notizie relative a questo assegno di disoccupazione in base al tuo territori di appartenenza.
A chi spetta la mobilità in deroga
Come detto precedentemente, bisogna controllare gli appositi decreti delle Regioni, delle Province Autonome e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali se si è inseriti tra i possibili beneficiari della mobilità in deroga, per conoscere nel dettaglio i requisiti, l’ammontare dell’assegno e le aree territoriali coperte dalla misura.
I lavoratori licenziati che vogliono rientrare all’interno di questa misura devono aver effettuato almeno dodici mesi di anzianità presso l’impresa che li ha licenziati, di questo almeno sei mesi devono essere di lavoro attivo e vi fanno a parte anche i periodi di ferie, infortunio, le festività e la maternità.
Inoltre, i lavorati subordinati che hanno visto cessare il loro rapporto di lavoro devono aver presentato la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, oppure partecipare ad un percorso di riqualificazione professionale e non possono beneficiare della normativa sulla mobilità e delle mobilità ordinaria, ma possono usufruire della proroga del trattamento.
La misura è erogata per i lavoratori licenziati delle aree di crisi industriale complessa o situazioni particolari, senza avere un reddito derivante da arti o professioni, e non viene erogata per chi ha già beneficiato della Naspi, della mobilità ordinaria della disoccupazione agricola o se si è ha diritto ad un altro ammortizzatore sociale, ma non se ne è fatta richiesta.
Come richiedere la mobilità in deroga
La mobilità in deroga deve essere richiesta online, accedendo al servizio della Regione o della Provincia autonoma di riferimento che la concede, oppure sul sito web dell’INPS se è prevista da un decreto interministeriale ed il lavoratore svolgeva la sua attività professionale all’interno di un’impresa pluriregionale. I nostri consulenti di Caf e Patronato sono pronti a darti una mano per effettuare la domanda mobilità in deroga online mediante SPID o Carta d’Identità Elettronica e basterà che tu ci fornisca:
- la denominazione dell’impresa per la quali lavoravi o il nominativo dell’ultimo datore di lavoro;
- la data del tuo licenziamento;
- la data di scadenza e la tipologia dell’ultima indennità ricevuta;
- il Patto di Servizio rilasciato dal Centro per l’Impiego o la sua ricevuta di richiesta;
- l’estratto contributivo INPS in PDF.
Una volta accettata la domanda, i lavoratori licenziati da imprese poste in zone di crisi industriale complessa o in situazioni particolari potranno beneficiare della mobilità in deroga per un massimo di tre anni e quattro mesi per un importo pari all’80 per cento per il primo anno, tolto anche il contributo del 5,84 per cento e senza stabilire un limite stabilito di anno in anno, e gradualmente ridotto a partire dal secondo anno in poi. La sua durata viene decisa dagli organi territoriali e vi compete l’assegno al nucleo familiare. Per saperne di più leggi anche: